Rapporto dei Direttori sulla Campagna di studio e restauro 2011
La Missione Archeologica del Centro di Studi Papirologici dell’Università del Salento, Lecce, diretta da Mario Capasso e Paola Davoli, ha svolto una Campagna di studio e restauro dei materiali rinvenuti nel corso di otto Campagne di scavo a Dime es-Seba (El-Fayyum), l’antica Soknopaiou Nesos, dal 11 novembre al 1 dicembre 2011.
Alla Missione hanno inoltre partecipato Clementina Caputo (ceramologa), Giuseppe Alvar Minaya (archeologo), Elvira Pisanello (schedatrice), Borna Scognamiglio (egittologo, Paris-Sorbonne), Basem Gehad (restauratore, Grand Egyptian Museum, Cairo), Mohammed Ahmed (restauratore), Moataz Abu el-Nil (assistente dei direttori). Il Supreme Council of Antiquities è stato rappresentato dall’ispettore Mohammed Regay.
La Missione ringrazia il dr. Mustafa Amin, Presidente del Supreme Council of Antiquities, il Direttore Generale delle Missioni Straniere Mohammed Ismail, il Direttore del Medio Egitto Abd el Rahman el Aidi e il Direttore dell’Ispettorato delle Antichità del Fayyum Ahmed Abd el-Aal Mohammed per la sua e dei suoi collaboratori collaborazione. Essa inoltre esprime la sua gratitudine sia al cav. Luca Trombi, che, come ogni anno, ha assicurato alla Missione un generoso e fondamentale sostegno finanziario, sia ai sostenitori della “Associazione Culturale Soknopaiou Nesos Project”. In particolare si ringraziano il Centro Internazionale di Studi Borgiani di Velletri, presieduto dalla dr. Rigel Langella, e la prof. Dora Liuzzi (Lecce), per le borse di studio da loro messe a disposizione per i giovani partecipanti alla Missione.
Un particolare ringraziamento va anche al Ministero degli Esteri Italiano per il contributo finanziario 2011 e alla sezione archeologica dell’Istituto Italiano di Cultura al Cairo diretta dalla dr. R. Pirelli, che ha curato i rapporti con il Supreme Council of Antiquities.
A causa degli avvenimenti intercorsi dopo la rivoluzione del gennaio 2011 e in considerazione dell’isolamento del sito archeologico di Dime es-Seba nel deserto a nord del lago Qarun, il Supreme Council of Antiquities non ha concesso per quest’anno il permesso di scavo per motivi di sicurezza. Il lavoro pertanto si è concentrato sullo studio ed il restauro dei numerosi oggetti e materiali rinvenuti dal 2001 al 2010 e conservati nel General Storehouse di Kom Aushim. Si è reso inoltre necessario un primo intervento di messa in sicurezza di alcune strutture murarie a Dime, pericolosamente esposte da scavi clandestini.
Studio e restauro degli oggetti
Sono state studiate e documentate con nuove fotografie e disegni diverse categorie di oggetti al fine della preparazione di un catalogo di prossima pubblicazione. In particolare sono stati esaminati tutti gli ostraka rinvenuti negli anni precedenti per determinare la natura del supporto ceramico e stabilire le tipologie di vasellame maggiormente impiegate come superficie scrittoria. Sono state anche eseguite fotografie all’infrarosso di 150 ostraka trovati nel 2010 e pertinenti verosimilmente ad un unico archivio.
I materiali epigrafici in greco sono stati riconsiderati nel complesso e due frammenti sono stati ricomposti. Sono stati inoltre esaminati cretulae e tappi per anfore con stampiglie impresse; anelli, perle e amuleti; monete; thymiateria; vasellame litico e in terracotta.
Il restauro ha riguardato in modo particolare una settantina di monete, tolemaiche e romane, che sono state ripulite e consolidate, e le statue rinvenute in frammenti all’interno del tempio di Soknopaios –1–. Nel corso delle precedenti Campagne di scavo sono stati recuperati centinaia di frammenti di statue in calcare nummolitico locale e di basalto. La ricomposizione di molti di essi ha permesso di identificare una decina di statue, di cui due femminili, una forse regale e sette di sacerdoti –2–. Si tratta di statue stanti in stile greco-egiziano, di varie dimensioni e anepigrafi. Una soltanto raffigura un personaggio seduto su un sedile squadrato. Una delle due statue femminili raffigura probabilmente una Iside, originariamente alta circa 1,70 m, con acconciatura a boccoli e lungo abito a morbide pieghe. Il restauro e la ricomposizione proseguiranno anche l’anno prossimo.
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Interventi di restauro a Dime
Scavi clandestini sono stati eseguiti in diversi momenti a partire da febbraio 2011 sia all’interno del temenos sia in abitazioni situate all’esterno, oltre che nella vasta necropoli che circonda Dime. A causa dell’impossibilità di lavorare sul sito non è stato possibile verificare l’entità dei danni apportati alle tombe nella necropoli –3–.
All’interno del temenos –4– è stata scavata una buca in corrispondenza di un edificio completamente sepolto e situato nell’angolo sud-ovest del recinto templare. Non è chiara la funzione dell’edificio, che è costruito in mattoni crudi, ma ha pavimenti in lastre di calcare grigio e stipiti di porta anch’essi dello stesso materiale.
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I danni maggiori sono tuttavia stati arrecati alle strutture templari: lo stipite occidentale in blocchi di calcare giallo del portale sud di ST 18, tempio datato agli inizi dell’epoca tolemaica, è stato smontato e i blocchi lasciati in situ; sono stati completamente asportati un muro e il pavimento in mattoni crudi della stanza A della struttura di servizio ST 200 ed è stata demolita la cantina D, situata sotto il suddetto pavimento. Un profondo buco è stato scavato nell’angolo sud-est della stanza A in direzione est. Nel cortile C1 è stata demolita la pavimentazione di restauro posta in opera nel 2009 a seguito di altri scavi clandestini, situata al centro del cortile. La parte est del cortile e la stanza B di ST 200 sono ingombre delle macerie derivate dalla distruzione in A.
Del tempio in blocchi di calcare giallo ST 20 sono stati pesantemente danneggiati i pavimenti in lastre di calcare grigio situati nelle stanze A ed F; è stato asportato un blocco facente parte dei rilievi superstiti sulla parete nord della stanza F, è stato lievemente danneggiato il rilievo dipinto sul portale del naos M ed è stato scavato fino alle fondamenta il vano M –5–. La buca scavata ha una profondità di ca. 3 m e ha posto in luce le fondazioni della stanza mettendo a rischio la sicurezza delle pareti e dei portali. Grazie a questo profondo scasso è stato possibile documentare il sistema di fondazione dell’edificio e verificare la presenza del gebel sottostante su cui è uno strato antropico ricco di cenere, carboni e ceramica, forse livellato artificialmente. Su di esso è stata accumulata sabbia pulita su cui si fonda il tempio. Le fondamenta dei muri in M sono profonde circa 2 m e il primo corso dal basso è costituito da blocchi di varie dimensioni a secco. I portali in M e S sono ricavati a risparmio nei muri.
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La sabbia e i detriti situati in M ed asportati dagli scavatori clandestini sono stati accumulati ad ovest di M e in parte in L. Il corridoio U e gran parte delle cappelle laterali Z, T e Y sono sepolti da tali materiali di risulta.
I lavori eseguiti sono stati essenzialmente rivolti alla protezione e messa in sicurezza della struttura: il blocco pertinente ai rilievi e asportato dal muro è stato portato al magazzino e il muro con rilievi è stato coperto con un muretto a secco e sabbia eolica. Lo stesso è stato fatto per la protezione dei rilievi dipinti sul portale di M. Le fondazioni dei muri in M sono state supportate con nuovi blocchi e con sabbia, al fine di prevenire smottamenti e crolli. Gli scassi eseguiti nei pavimenti in A ed F sono ugualmente stati riempiti di sabbia e blocchi per supportare le lastre pavimentali superstiti. Va segnalata la quasi completa distruzione della rampa con scale laterali situata nell’ambiente A. Nel corso di questi lavori sono stati recuperati alcuni oggetti, tra i quali glass inlays dei naoi lignei che evidentemente erano scivolati, in passato, nella sabbia sotto il livello pavimentale del naos M –6–.
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All’esterno del temenos sono stati rilevati due grandi scassi in due abitazioni situate rispettivamente ad est (SE 93) e ad ovest (SO 129) del dromos –7–. In entrambi i casi si tratta di scavi profondi che hanno posto in luce interi vani e scale, in cui sono ancora in situ e ben conservati gli elementi lignei, quali travi, pali e stipiti di porte. Altri scavi minori o tentativi di scavo sono stati individuati insieme con impronte fresche di veicoli (motociclette e auto) sull’intera area.
All’esterno del sito, sull’”embankement” situato ad ovest, è stata recuperata una tavola per offerte funeraria di epoca romana con iscrizione in greco –8–.
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È stata inoltre in gran parte distrutta la casa destinata ad ospitare le guardie che sorvegliano il sito e costruita dalla Missione nel 2009. Si sono resi perciò necessari lavori di ricostruzione di tale edificio per permettere alla guardiania di riprendere stabile controllo del sito.
Rapporto sul restauro delle statue (Basem Gehad)
I frammenti delle statue trovate negli scavi 2003-2010 a Dime es-Seba sono stati innanzitutto classificati a seconda del tipo di pietra, dello stile, degli abiti e delle parti del corpo rappresentate. Le statue così identificate differiscono in dimensioni e soggetto rappresentato: sono sia maschili sia femminili, in calcare locale e basalto. In base a questa classificazione, circa 10 statue sono state riconosciute e in parte assemblate. I casi più completi sono due statue raffiguranti una donna e un sacerdote. La statua femminile rappresenta forse la dea Iside e di essa è stata assemblata gran parte del corpo, del busto e della testa con capigliatura a boccoli. Numerosi frammenti compongono la parte bassa della statua del sacerdote. Altre parti di statue maschili sono state ricongiunte, ma per completare l’opera mancano ancora numerose parti.
Il trapano elettrico è stato usato per poter inserire barre a sezione circolare di fibra di vetro per congiungere stabilmente pezzi pesanti e di grandi dimensioni. La fibra di vetro è preferita alle barre di ferro per evitare fenomeni di ossidazione del metallo, che possono nel tempo danneggiare la pietra. Paraloid (acryloid) B-72 è stato usato con le barre in concentrazione del 20% in acetone (wt/vol). I frammenti più piccoli sono stati incollati utilizzando resina epossidica trasparente (araldite), distribuita con uso di una siringa in singoli punti scelti. In alcuni casi il paraloid è stato abbinato all’araldite.
Il lavoro di restauro continuerà nella Campagna prossima. I frammenti non assemblati sono stati ricollocati in magazzino, separati secondo la classificazione eseguita.